I carboidrati non causano il diabete, bensì i grassi e il loro consumo errato”
Così Neal Barnard, ricercatore e professore presso la George Washington University, commenta nel suo libro “Curare il diabete senza farmaci” i risultati delle nuove evidenze scientifiche in merito alla cura del diabete. Risultati che suffragati da studi e ricerche compiute da lui stesso puntano il dito contro ogni genere di grasso, sia esso di origine animale che di origine vegetale.
“L’insulina– spiega il ricercatore- è un ormone prodotto dal pancreas che
come una chiave che si inserisce in una serratura si combina con un recettore sulla superficie della cellula consentendo al glucosio di attraversare la membrana cellulare”.
Quando questo sistema non funziona correttamente, l’insulina prodotta non riesce ad “aprire la serratura” e il glucosio in circolo non può entrare nelle cellule accumulandosi nel sangue.
A questo punto i medici prescrivono una dieta ipoglucidica, ovvero una dieta che punta a limitare l’apporto di zuccheri e quindi punitiva nei confronti di alimenti amidacei come pane, patate, riso e pasta. Tuttavia, commenta il ricercatore, questo tipo di dieta da sola non riesce a tenere sotto controllo la glicemia oltre a tutti gli altri sintomi di cui spesso i diabetici sono affetti come ipertensione e ipercolesterolemia a tal punto che questo tipo di diete oltre a risultare “inefficace”
nello scopo di ridurre o evitare l’assunzione di medicinali diventano un trampolino di lancio verso una lista di farmaci sempre più lunga.
“Il problema infatti non sono i carboidrati– commenta Barnard-. Bensì i grassi che come una gomma da masticare impediscono all’insulina di aprire la parta al glucosio all’interno delle cellule”.
Quando tutto funziona correttamente, il grasso all’interno delle cellule viene metabolizzato dai mitocondri che hanno il compito di trasformare il grasso e altre fonti di carburante in energia per il funzionamento delle cellule dei muscoli.
“Nel diabete di tipo 2 si è visto come i mitocondri siano inferiori rispetto al dovuto. E guarda caso– conclude il ricercatore- il numero di mitocondri dipende da ciò che mangi.”
I ricercatori della Louisiana in uno studio condotto al Pennington Biomedical Research Center a Baton Rouge hanno studiato cosa accade all’organismo in una dieta iperlipidica in cui il 50% delle calorie proviene dai grassi testando i geni che producono i mitocondri. Si è scoperto che i cibi grassi consumati dai volontari non solo causavano l’accumulo di lipidi nelle cellule ma, come sottolinea Barnard, “spegnevano anche geni che producono i mitocondri”.
“Immaginiamoci cosa significa. Se mangiamo cibi grassi, minuscole particelle di grasso si accumulano nelle miocellule. Questo grasso interferisce con il normale funzionamento delle cellule, compresa la loro capacità di rispondere all’insulina. Se l’insulina non riesce a svolgere il proprio compito, il glucosio non può penetrare nelle cellule e si accumula nel sangue. Gli studi oggi dimostrano che l’accumulo di grassi nelle cellule non sono una semplice questione genetica. I geni svolgono un ruolo, ma gli effetti dipendono in larga misura anche dalla dieta, che può essere drasticamente cambiata”.
Per invertire dunque il decorso del diabete e “togliere il chewing- gum dalla serratura”, offrendo a cuore e arterie le migliori possibilità di far fronte a qualsiasi ostruzione presente, ci sono per Barnard tre raccomandazioni fondamentali da applicare:
– eliminare i prodotti di origine animale
– ridurre l’uso di oli vegetali al minimo
– utilizzare cibi a basso contenuto glicemico
Nella dieta infatti sono due le possibili fonti di grassi: i prodotti animali come carne, uova e formaggi e gli oli vegetali come olio di girasole, di mais e via dicendo. Eliminarli alla radice o ridurne drasticamente l’utilizzo è, per il ricercatore americano, importante per ripulire le serrature delle cellule.
“Pur cercando di evitare i cibi grassi, molti sono tentati di fare uno strappo
alla regola con l’olio d’oliva. A parità di peso, tuttavia, l’olio di oliva ha lo stesso contenuto calorico del grasso di manzo. Per quanto l’olio di oliva contenga molti grassi monoinsaturi, contiene anche grassi saturi (circa il 13%) che innalzano il colesterolo o la resistenza insulinica. Poco importa il prezzo di vendita o che sia extravergine: contiene sempre calorie e grassi saturi, che il metabolismo deve metabolizzare se vuole mantenere uno stato di salute ottimale”.
Il nostro organismo, conclude Barnard, ha bisogno di piccolissime quantità di grassi che il regno animale già offre in natura. Il problema sorge quando gli oli sono aggiunti nelle ricette e sono utilizzati sotto forma di sale e fritti.
Lo stesso lo si dica per la frutta a guscio, così come semi, olive, avocado e alcuni
derivati della soia che “hanno un alto contenuto di grassi e pertanto è consigliato limitarne il consumo”.
Le indicazioni quindi, secondo il ricercatore, sono chiare. Poco o per nulla olio a condimento, eliminando totalmente tutti gli altri grassi provenienti da prodotti di origine animale. E la scelta di alimenti che nelle etichette non contengano di più di 2-3 grammi di grasso per porzione.
“Unitamente ad una dieta a basso indice glicemico, che eviti gli zuccheri, il pane bianco, le patate al forno e quasi a tutti i cereali freddi oltre a prediligere fagioli, cereali integrali, verdure a foglia verde e frutta, questo percorso alimentare è l’unico oggi a garantire un risultato duraturo nella cura al diabete”.]]>