Marzo 31, 2016

Il ruolo della mente

2005 pubblicato sul Journal of Clinic Oncology condotto su donne con cancro all’ovaio si è evidenziato infatti come lo stress, l’angoscia e la mancanza di supporto affettivo rendono tecnicamente meno attive le natural killer, ovvero quella parte di esercito immunitario che si scaglia contro le cellule tumorali e ci aiuta a combattere la malattia. Come fare tuttavia a guidare le nostre emozioni? Schermata 2016-03-31 a 15.25.27Giuseppe Cocca, medico chirurgo esperto di Natural Hygiene intervenuto alla puntata di Be4eat su Telecolor lo scorso 21 marzo, ha cercato di spiegare i meccanismi che  sottendono la nostra mente in questi contesti. “Le emozioni– dice- non sono ciò che sentiamo bensì la reazione a ciò che sentiamo. Mettiamo il caso di una diagnosi di cancro: l’emozione sulla quale lavorare è la reazione che noi mettiamo in atto a quanto ci è stato detto. E su questo i risultati possono essere sorprendenti. Capire che una diagnosi non è una prognosi, ovvero capire che ciò che ci viene detto (diagnosi) è solo una fotografia istantanea di oggi e non automaticamente il film che ci mettiamo in testa di morte certa e sofferta (prognosi) è il primo passo fondamentale per mettere in campo forze di autoguarigione importanti e necessarie nella lotta”. “Anche solo facendo questo è possibile iniziare un cammino di gestione delle proprie emozioni che ricordiamoci bene hanno un effetto biochimico sull’organismo, positivo o negativo, già bene evidenziato in diverse ricerche” Su questo punto è interessante ricordare uno studio di Bernie Siegel riportato in uno dei suoi libri, che sostiene come il 15-20% dei malati di cancro di fatto desidera morire inconsciamente, mentre il 60-70% vuole guarire ma è passivo e si aspetta che faccia tutto il medico. Solo il 15-20% dei pazienti invece rifiuta di essere vittima, inizia a fare ricerche da solo e controlla le scelte del medico. Questa piccola percentuale è quella che più probabilmente andrà incontro alla guarigione. Rimane da chiederci quindi che cosa si deve fare? Dobbiamo diventare tutti pazienti difficili per trovare la guarigione? “E’ ciò che spero!” è il commento di Domenico Battaglia, medico chirurgo Schermata 2016-03-31 a 15.27.05esperto del metodo Gerson intervenuto alla trasmissione. “Quando entra nel mio studio un paziente con un plico di carte in mano, che mi bombarda di domande e che ha già studiato da solo il suo caso io so che questo paziente ha deciso di vivere e ha una possibilità in più per farlo. La paura della morte è una energia negativa che assorbe le forze e ruba spazio alla guarigione. L’impegno personale, la partecipazione alla scrittura positiva della prognosi, è un modo per trasformare questa paura in concreta voglia di viverep091_1_00Ecco dunque stilato quello che Cocca chiama il vero triangolo della salute, quello che ai vertici ha dieta salutare, movimento fisico e pensiero. “Non possiamo dimenticarci della forza del pensiero e del ruolo che esso gioca nella guarigione -commenta Cocca-. Così come non esiste una dieta ottimale identica per tutti o un esercizio fisico benefico a tutti, altrettanto è vero che non esiste un approccio giusto alla malattia uguale per tutti. L’importante è non fossilizzassi solo su una sola cosa. Come l’uomo che perde le chiavi di casa le cerca solo sotto al lampione del giardino perché è lì che più c’è luce, altrettanto chi ha un problema di salute cerca di risolverlo solo con ciò che già conosce e pratica da anni. In realtà la salute sta nell’equilibrio delle tre forze, alimentazione movimento e pensiero. Lavorare su questa sinergia al meglio è il lavoro che ogni medico e ogni paziente deve fare”.]]>