Intervista a Giovanna Lupi, insegnate di Igiene, presente a Be4eat 2013 con una delegazione di alunni
“Vent’anni fa sarebbe stato impossibile”. Invece oggi, qualcosa è cambiato. “
L’attenzione a ciò che si mangia e perché lo si mangia è diversa. I genitori sono diversi. E di conseguenza anche i ragazzi.”
Insegnante per passione Giovanna Lupi, vicentina, da anni attenta al tema dell’alimentazione (in particolare quella a base vegetale), non ha dubbi a riguardo. “
La società sta cambiando. E lavorando nella scuola si percepisce. L’attenzione all’alimentazione e a tutto ciò che può essere un ritorno al semplice e al fatto in casa, c’è ed è in crescita. L’assurdo è che tutto questo avviene mentre in TV i diversi programmi di cucina insegnano a condire e ad aggiungere ingredienti grassi e visibilmente insalubri per una ricerca del gusto a tutti i costi cui la gente inizia a diffidare”.
Docente di Igiene e anatomia e biologia, Giovanna era a capo di una delegazione (circa 24 ragazzi) dell’Istituto biologico Boscardin, indirizzo sanitario, che nella giornata di domenica ha lavorato come volontaria nello staff di Be4eat 2013.
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Insegno alimentazione ed epidemiologia da diversi anni- spiega Giovanna
-. Come potevo non approfittare dell’arrivo a Vicenza di uno tra i ricercatori epidemiologici più importanti al mondo senza fare in modo che i miei alunni potessero davvero capire fin dove può spingersi questa scienza nella ricerca medica?”.
Domanda scontata… Come l’hanno presa i genitori?
“Sono stati molto aperti. Alcuni già tendono ad una

alimentazione vegetariana, per cui certe tematiche erano già presenti in casa. Ma anche con altri genitori il messaggio è passato subito. Io credo che i genitori siano concordi che i nostri ragazzi hanno bisogno di sapere: devono aprire la mente, imparare ad ascoltare nuovi messaggi e sviluppare uno spirito critico verso tutto ciò che viene venduto loro come facile e normale”.
Te l’aspettavi questa apertura?
“Francamente sì. Da un lato il nome del dr. Campbell ha aiutato: non proponevo la partecipazione ad un seminario qualunque e questo i ragazzi l’hanno capito subito. D’altra parte, tuttavia, la società è più attenta. Quando vent’anni fa ho iniziato a far seguire mia figlia da un pediatra vegetariano ho incontrato non poche difficoltà a far passare la mia scelta al contorno familiare. Oggi non è più così. Le famiglie sono più sensibili al tema alimentare. La voglia di capire e sapere cosa stiamo mangiando e perché lo stiamo mangiando è entrata in larga misura nel tessuto sociale. Mi colpisce invece come la televisione e il mondo dello spettacolo non si sia accorto di ciò. E’ come se ci fossero due universi paralleli: un contesto familiare sempre più folto che chiede semplicità e genuinità, e un mondo di programmi TV che propone di tutto e di più alla ricerca di un gusto esagerato che cozza contro la salute e la prevenzione”.
A scuola è stato difficile far passare il messaggio?
“La scuola è un immenso elefante burocratico, e questo è risaputo. Tuttavia ciò che si può fare, lo si fa. Nel caso della partecipazione al seminario del dr. Campbell è stato abbastanza facile. Alcuni insegnanti sono vegani e mi hanno sostenuta nella presentazione del progetto alla preside che, appena capita l’importanza, ha approvato la partecipazione volontaria di una delegazione di studenti. Il tutto ovviamente coinvolgendo i genitori che hanno dovuto accompagnare e prendere i propri figli. Altre cose invece non cambieranno mai: da sempre dentro la scuola si vede la presenza di distributori automatici e qui nasce l’ incongruenza (la ricerca della salute contro la presenza di merendine a scuola) su cui io mi sto battendo facendo leva su un progetto salute che esiste e che dovrebbe guardare magari un po’ più sul concreto. Ma è ancora una lotta contro i mulini a vento”.
E i ragazzi…?
“Loro sono già andati avanti. Il mondo dei giovani è così: corre veloce, da una cosa all’altra e oggi al centro della loro attenzione ci sono le verifiche, gli esami e le vacanze natalizie. Ma so che qualcosa, al di là dei crediti che rimarranno per l’esame di maturità, gli è rimasto dentro. Lo vedo, lo sento. Si percepisce dai loro discorsi. Del resto chi lavora con loro sa che non bisogna avere false illusioni: pastasciutta e bistecca, spesso, è tutto ciò che i nostri ragazzi conoscono in fatto di cibo. Ciò che cambia è l’esperienza: sentire parlare di digiuno, di malattie legate al cibo e di scelte differenti in campo alimentare dà una marcia in più al senso di criticità e capacità di analizzare fino in fondo, senza pregiudizi. Non tutto quello che ti passano alla televisione è oro colato. E non esiste medico migliore di noi stessi. Questo era ciò che volevo insegnare, e questo è ciò che è passato”.]]>