Come il caso dei grassi omega 3.
Da anni la ricerca scientifica ha individuato nei grassi omega 3 una componente protettiva ai problemi cardiovascolari e in generale sulla mortalità. E su questa dichiarazione il sistema di produzione si è mosso evidenziando sui propri prodotti la presenza addizionata di questi fondamentali nutrienti mentre gli scaffali delle farmacie si sono arricchiti di integratori di ogni genere e tipo.
Ma servono davvero queste integrazioni?
Secondo T. Colin Campbell e in realtà anche secondo diversi medici e specialisti impegnati sul campo, l’integrazione di omega 3 non serve a nulla e addirittura può diventare dannosa.
In una meta analisi su 89 studi del 2006 (Hopper er al., Brit. Med. J 332:752, 2006)
sono stati presi in esame circa 600.000 soggetti per studiarne la validità dell’integrazione dei grassi omega 3.
Il risultato è che “i grassi omega 3 non hanno un chiaro effetto sulla mortalità totale, su eventi cardiovascolari combinati o cancro”. Al contrario, anche se in modo non statisticamente significativo, “non possono essere esclusi danni clinicamente importanti [rischio di cancro]”
Come conclude T. Colin Campbell queste informazioni non solo suggeriscono che l’integrazione di grassi omega 3 non serve a protezione di queste patologie bensì “implicano che il rischio di cancro è più alto per coloro che consumano omega 3”.
Non solo quindi non diminuisce il rischio di malattia, bensì aumenta.
Il problema, commenta Campbell, è che l’alimentazione corretta non può essere frazionata sull’azione singola dei nutrienti. Questo, sostiene, può essere un modo comodo per analizzare e studiare il funzionamento del nostro organismo, ma non è di certo come il cibo agisce nel nostro corpo.
L’attenzione troppo marcata al particolare rende un nutriente importante come gli acidi grassi omega 3 addirittura dannoso se preso in dosi eccessive.
In una relazione di circa 10.000 casi di diabete 2 del 2009 (Kausuk et al. Am J Clin 90, 613, 2009) si è visto infatti come il rischio di diabete aumenta progressivamente con l’aumento del consumo di omega-3.
Prendendo come base una dose minima di consumo di omega 3 si è visto come una dose leggermente più alta aumenta il rischio di diabete del 5%. Salendo leggermente nel consumo il rischio di diabete aumenta del 17% e successivamente del 24%.
Questi, conclude Campbell, sono dati molto significativi che sostengono come “l’aumento di grassi omega 3 attraverso integratori aumenta i casi di diabete”.
E questo rapporto si mantiene anche con il consumo di pesce che contiene molti grassi omega 3.
In questo studio si è visto come il rischio di diabete aumenti del 22% in chi consuma 5 o più porzioni alla settimana di pesce rispetto a chi ne consuma meno di una porzione al mese.
Questi dati, suggerisce Campbell, “ci suggeriscono il pericolo dell’eccesso di queste sostanze e l’attenzione che la scienza deve avere nelle conclusioni tratte dallo studio parziale di ciò che deve poi essere ricondotto all’insieme generale”.
“I singoli nutrienti quando consumati con il cibo hanno un effetto differente. Lavorano all’unisono con gli altri e in questo insieme portano effetti importanti, sia in un senso che in un altro. Troppo spesso la ricerca viene confusa da relazioni sui test di singoli nutrienti presi fuori contesto e su singole malattie o singoli meccanismi. Questo modo di operare genera caos ed errori nel campo della nutrizione”.]]>