Gennaio 14, 2023

EHI, DICO  PROPRO A TE. VIENI A CORRERE DOMANI?

Mannaggia, quanto le ho odiate negli anni🤬

Donne stupende in tuta e scarpe da ginnastica con un sorriso a 36 denti e un borsone della palestra sulle spalle che mi invitavano a provare il loro allenamento per  mamme in cerca di un paio di jeans da allacciare.

Non so tu dove ti trovi, ma io sono sempre stata dalla parte delle mamme 😂

Dico davvero. Di corse ne ho sempre avute fin sopra la testa, tra spesa, figli, lavoro, casa… La lista era così infinita che a volte a leggerla mi veniva il capogiro. 

Eppure.

Eppure ho sempre avuto il desiderio di provare. Portavo i figli ai vari allenamenti e sbirciavo dai vetri. Che ci fosse un posticino anche per me lì dentro?

Non le conto più le volte in cui ho iniziato. Palestra, nuoto, yoga, pilates, persino il tennis ho provato sperando di resistere un po’ di più. Ma non è servito a niente. La motivazione durava da Natale a Santo Stefano e le scuse erano sempre le stesse: non ho tempo, costa troppo, non mi piace.

Dieci anni fa ero in macchina ad accompagnare all’aeroporto il prof. T.Colin Campbell e sono rimasta a bocca aperta. Dal suo telefonino ci ha mostrato le foto scattate al panorama durante una mattina di corsa. Dieci chilometri, su e giù per i colli berici, fatti ogni giorno per oltre una settimana. E aveva 78 anni! 😳

Ricordo ancora come mi sono guardata allo specchio la mattina dopo. Ho preso un pantaloncino corto, le scarpe da ginnastica a disposizione, ho legato i capelli con un elastico e via. Ho girato il terzo incrocio dopo il cancello di casa e ho pensato di restarci secca. Ma com’era possibile?

Ho deciso di smettere di piangermi addosso e il giorno dopo ci ho riprovato. Ma questa volta, non avevo una meta precisa. Sono partita e via, dove andavo andavo e quanto ci mettevo, ci mettevo. Inutile dirti come in passeggiata a piedi andassero più veloci di me 😂.

Ma non era questo il punto. Finalmente non volevo raggiungere  niente. Nessun risultato. Non volevo andare più veloce. Nè volevo arrivare a quel punto preciso della strada o provarmi qualcosa nel corpo. Non volevo proprio niente. Volevo solo correre. E vedere se prima o poi sarebbe venuta anche a me quella voglia di guardare il panorama e di sorridere al nulla come il prof. Campbell e i tanti corridori che incrociavo sul ciglio della strada sia col bello che con il brutto tempo.

Beh… posso dirtelo? È così è avvenuto il miracolo. 

All’improvviso, senza rendermene conto, giorno dopo giorno senza mai contare dove andavo e quanto ci mettevo, ho smesso di sentire dolore e ho iniziato a stare nel corpo.

Per chi è praticante della meditazione forse ha già intuito di cosa sto parlando. Stare è il mantra di ogni pratica meditativa. Ma nella corsa ad un certo punto si aggiunge un tassello in più: la dualità dello stare nel muoversi. 

Di fatto riproducevo con la corsa il gioco della vita di ogni giorno, in cui si corre, si va, eppure il gioco che siamo chiamati a fare è stare in quel movimento! 

Ecco. La corsa piano piano era diventata allenamento alla vita! 

Mentre il mio corpo andava, il ritmo del mio cuore si regolarizzava, il fiato si modulava, le gambe prendevano il loro ritmo e io ho iniziato a stare nel mio corpo e non a scappare più da lui.

Avevo il fiatone: rallentavo, fino a che se ne andava.

Avevo male alle caviglie: rallentavo fino al punto in cui smetteva.

Avevo male alla milza: rallentavo, fino a quando si attenuava.

E intanto andavo avanti.

Andavo avanti correndo e rallentando nel mio corpo. In poche parole, mi muovevo restando con me.

Credo che non ci sia una meditazione più potente di questa. Che coniuga l’andare con lo stare. Il movimento con la staticità. Che poi è un po’ la vita.

Ecco, io sono fermamente convinta che questa sia la leggerezza del movimento. E da quando ho iniziato a praticarla, la vita mi è cambiata completamente.

Ogni giorno corro e se non posso o non mi sento (capita!) non vedo l’ora di poterlo fare. Non metto una meta, esco e sto nel mio corpo. A volte va più veloce, altre più lento. Il mio corpo è diventato agile, tonico, persino scolpito in alcuni punti 😳. Ma soprattutto ho una leggerezza nel cuore che non avevo da anni. 

Mia figlia Anna (un’atleta) dice che quando mi incontra in spiaggia d’estate la mattina presto sono proprio strana: intorno a me tutti corrono sudati e un po’ stralunati, inseguendo tabelle, allenamenti, tempi. Io invece a suo dire saltello e fischietto salutando tutti. Ed effettivamente è così che mi sento. Felice. Felice di muovermi nel mio corpo, sentirlo, modularmi al suo ritmo e respirare.

Già. Respirare. Sentite quel fiato scorrermi dentro e darmi ogni secondo la vita.

Ecco. Questo è per me la corsa. Un modo di sentirmi libera. Libera di respirare la vita.

Che poi questo mi abbia portato a fare mezze maratone è solo un effetto collaterale del tutto trascurabile 😜

In questi anni ho insegnato a correre a tante donne intorno a me.  Facciamo un gruppetto e si parte. Il trucco è sempre lo stesso: correre al proprio ritmo, ovvero quello che ti consente di chiacchierare. È una strategia talmente banale che quasi mi vergogno di scriverla qui, ma funziona. E funziona davvero.

Quando parliamo correndo (se sono sola semplicemente fischietto 😃) senza ottenerne il classico fiatane, stiamo rallentando il ritmo di corsa al punto ottimale per la corsa aerobica, ovvero una corsa che non sottrae ossigeno al corpo ma che piuttosto lo alimenta, consentendo di proseguire lo sforzo senza incappare in tensioni muscolari e stati infiammatori.

Specie se si fa la mattina. Presto se necessario, ma è fondamentale che sia così.

Perché la corsa di mattina è tutta un’altra storia. Il corpo si sveglia, prende vigore, la prima luce del giorno bacia la pelle e la cura. E gli ormoni si mettono in moto. Tutto il metabolismo si mette in moto. Senza produrre cortisolo in eccesso, senza forzare i muscoli oltre misura. E bruciando i grassi. Sì. Hai capito bene: la corsa la mattina a digiuno è la migliore se non disdegni di ottenere risultati anche sulla tua silhouette 🤪

Di sicuro, comunque, è la più salutare.

Per quanti chilometri? Beh… questo dipende dal tuo corpo. 

Di solito consiglio sempre di non guardare i chilometri, bensì l’orologio. Quanto posso stare fuori per la mia corsa? Mezz’oretta? Quaranta minuti? Un’ora? L’obiettivo non deve essere il risultato sull’asfalto, bensì lo stare nel corpo.

Ci sono giorni che con lo stesso tempo corro 10/12 chilometri, altri che sfioro appena gli 8 km. Come faccio a saperlo se non li conto? Perché ormai dopo dieci anni intorno a casa ho percorso più o meno tutto il percorribile 😂

Esco con la sveglia al polso con il tempo che ho a disposizione e parto. LIBERA. Al mio ritmo, quello di quel giorno. Quando la sveglia suona, inizio la strada del ritorno. Che non è mai la stessa. Dipende dove sono e quanto ho macinato quel giorno. Ma non è un tragitto deciso a monte. È fatto, strada facendo. Perché è così che quel giorno è andata.

È la corsa della mamma, come dice mia figlia 😂. 

Quando Anna ha bisogno di ritrovare la gioia del correre, al di là delle competizioni e dell’allenamento, mi chiede di potermi accompagnare. Dice che così torna a capire perché l’ha scelta, la corsa, e perché le piace tanto. Correre con me che le fischietto dietro le spalle le fa sentire tutto l’entusiasmo della prima volta.

È durante la corsa intesa in questo modo che ho spesso le intuizioni più importanti. Negli anni ho imparato anche perché e quale energia si mette in campo affinché questo avvenga. Nel modulo di Mamy School dedicato  alla LightnessClass insegno proprio questo, a vivere la corsa come uno stato meditativo.

Un modo per praticate quell’arte sacra dello stare nel mio corpo in tutta la sua grandiosità. La libertà che provo nel praticarla è indescrivibile. Ma spero di essere riuscita a passarti la voglia di provare.

Quindi che dici: viene a correre domani? 😃